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La tiroidite di Hashimoto è una patologia della tiroide che prende il nome dallo specialista Hakaru Hashimoto che per primo ha descritto questa condizione nei primi anni del secolo scorso.
La tiroide è la piccola ghiandola a forma di farfalla che si trova posizionata alla base del collo al di sotto dell’area del pomo di Adamo.
Questa ghiandola, che fa parte del sistema endocrino, è responsabile della produzione di ormoni che regolano il metabolismo ed intervengono in maniera diretta o indiretta praticamente in tutte le funzioni del corpo.
Questo è il motivo per cui, in caso di malattia della ghiandola, i sintomi sono estremamente vari, diffusi e possono essere facilmente confusi con la sintomatologia derivante da altre condizioni o patologie.
La tiroidite di Hashimoto è anche conosciuta come tiroidite cronica autoimmune, in quanto il sistema immunitario produce anticorpi che attaccano i tessuti sani della tiroide, danneggiandola.
Questo provoca un costante stato di infiammazione che naturalmente ha un impatto negativo sulla capacità della ghiandola di produrre gli ormoni necessari al buon funzionamento dell’organismo.
La tiroidite di Hashimoto può causare disturbi più complicati come l’ipotiroidismo ma non solo.
In alcune persone la tiroide può arrivare ad essere talmente infiammata e gonfia da provocare lo sviluppo del gozzo che, nei casi più gravi, può compromettere la respirazione e la capacità di inghiottire.
In questa guida scoprirai come funziona la tiroide, i sintomi, le cause e i fattori di rischio della tiroidite di Hashimoto, gli esami più utili per diagnosticarla e i 5 passi per trattarla in modo naturale.
Ecco l’indice della guida:
La tiroide produce tre tipi di ormoni che interagiscono con tutti gli altri ormoni prodotti dall’organismo, inclusi insulina, cortisolo, e gli ormoni sessuali come estrogeni, progesterone e testosterone, cioè:
Quasi il 90% della produzione avviene sotto forma di T4 (la versione inattiva) che viene poi trasformata in T3 (la versione attiva) dal fegato.
Il T2 è il meno conosciuto dei tre ed è ancora oggetto di numerosi studi e ricerche.
La produzione degli ormoni tiroidei è regolata dall’ipofisi, o ghiandola pituitaria o pineale, che a sua volta è comandata dal centro di controllo principale del cervello cioè l’ipotalamo.
In pratica, se l’ipotalamo riceve il segnale che la quantità di ormoni tiroidei in circolo non è sufficiente a far fronte alle esigenze dell’organismo, esso produce un ormone che segnala all’ipofisi questa mancanza.
L’ipofisi risponde al comando dell’ipotalamo e a sua volta produce l’ormone TSH (ormone tireostimolante) che comanda alla tiroide di aumentare la produzione dei suoi propri ormoni.
Se tutto funziona a dovere, il risultato di questo sofisticato meccanismo è che ci saranno a disposizione i giusti livelli di T3 e T4.
In caso di tiroidite di Hashimoto o ipotiroidismo, questo meccanismo si inceppa e può essere che venga prodotto troppo poco T4 oppure che, anche se questo viene prodotto nella quantità adeguata, non venga poi convertito in T3 a sufficienza.
Ci può essere anche il caso in cui l’ipotalamo non manda segnali corretti all’ipofisi oppure che quest’ultima, pur ricevendo il segnale giusto, non produce la giusta quantità di ormone TSH.
Quale che sia il caso, l’organismo comunque ne subisce le conseguenze.
Alcuni tra i sintomi più comuni della tiroidite di Hashimoto includono:
Se i problemi alla tiroide e le malattie autoimmuni non vengono curate, possono svilupparsi alcune condizioni patologiche importanti e a lungo termine come:
Ricerche hanno mostrato che alla base dello sviluppo della tiroidite di Hashimoto e di altri disordini autoimmuni possono esserci diverse cause.
Fra queste ci sono: la genetica, l’alimentazione, le condizioni ambientali, lo stress, i livelli ormonali e fattori immunologici.
Secondo la medicina ufficiale, le cause più probabili della tiroidite di Hashimoto sono:
Fra i fattori di rischio che aumentano la probabilità di sviluppare disordini della tiroide (come la tiroidite di Hashimoto) ci sono:
Ci sono altri fattori di rischio che possono esporre maggiormente all’insorgenza della tiroidite di Hashimoto:
L’esame più comune per diagnosticare la presenza della tiroidite di Hashimoto e di altre disfunzioni della tiroide è quello che misura i livelli di TSH prodotti dall’ipofisi.
Quando la tiroide non funziona a dovere, l’ipofisi aumenta la produzione di ormone tireostimolante.
Proprio la presenza di alti livelli di TSH è considerata un fattore indicativo importante della presenza di disordini della tiroide.
Anche se al momento questo è ritenuto il migliore esame per questo tipo di diagnosi, non sempre si dimostra del tutto affidabile in quanto ci sono casi in cui può dare risultati falsati.
Può accadere, infatti, che pazienti che hanno livelli di TSH considerati nella norma mostrano comunque sintomi di disfunzioni alla tiroide.
Parte del problema è data dal fatto che questo esame, per funzionare correttamente, parte dal presupposto che la produzione ormonale del resto dell’organismo funzioni a dovere.
Non tiene conto né può rilevare gli effetti dell’esposizione a sostanze di vario tipo (quali quelle elencate poco sopra) che possono interrompere o disturbare pesantemente la segnaletica ormonale a diversi livelli e non solo nella tiroide.
Un’altra parte del problema è data dal fatto che ci sono ancora pareri discordanti su quelli che sono da ritenere livelli normali ed accettabili del TSH nel sangue.
In aggiunta, nei primi stadi della malattia, i livelli di ormoni tiroidei potrebbero ancora rientrare nella norma.
Per questi motivi, limitare la diagnosi a quest’unico esame non è consigliabile ed è quindi meglio integrare con altri esami per avere un quadro più ampio e preciso della situazione reale.
Gli esami per diagnosticare la tiroidite di Hashimoto, possibili al momento, sono:
La tiroidite di Hashimoto è una malattia seria che non deve essere sottovalutata né trascurata.
La buona notizia è che si tratta di una malattia curabile, quanto al come farlo dipende da quale via si decide di seguire.
La medicina convenzionale, da questo punto di vista, non sorprende e l’approccio standard è quello di intervenire con farmaci.
In genere, si tratta di ormoni sintetici come la levotiroxina, che sostituiscono o integrano quelli che la tiroide non riesce più a produrre o produce in quantità troppo scarsa.
In taluni casi, particolarmente gravi, si arriva a ricorrere all’intervento chirurgico e all’asportazione della ghiandola.
Il problema, con l’approccio farmacologico, è sempre lo stesso: i farmaci, pur se in grado di ristabilire l’equilibrio ormonale compromesso fintanto che li si usa, non intervengono sulle cause ma solo sul sintomo.
Per cui seguire questa strada significa di fatto ritrovarsi dipendenti dai farmaci a vita.
Gli ormoni sintetici non curano le cause che hanno provocato la tiroidite di Hashimoto all’inizio.
Inoltre, il loro uso costante e continuo, protratto per lunghi periodi di tempo, potrebbe portare la tiroide a perdere anche quella minima capacità di produrre ormoni che le era rimasta.
La ghiandola perde questa capacità perché di fatto non è più necessario che continui a fare il suo lavoro.
Alcuni pazienti ottengono miglioramenti notevoli quando iniziano a prendere gli ormoni sostitutivi.
Nonostante ciò, le cause restano e il problema del sistema immunitario che attacca il suo stesso organismo non viene risolto.
Per trattare in modo efficace la tiroidite di Hashimoto, bisogna prima di ogni altra cosa partire dall’alimentazione e dal proprio stile di vita.
La prima cosa da fare per curare la tiroidite di Hashimoto è dare all’organismo il tempo di sfiammarsi e tornare in equilibrio.
L’unico modo per farlo è eliminare temporaneamente dalla dieta tutti quei cibi che irritano e infiammano.
Può sembrare una scelta eccessiva e addirittura impossibile da realizzare, vista la presenza massiccia di alimenti contenenti glutine nella dieta standard, eppure si tratta di un’opzione che è bene considerare.
Il glutine, infatti, in numerose ricerche e studi è stato associato a malattie soprattutto a carico dell’intestino come ad esempio la permeabilità intestinale e il morbo di Crohn.
In genere, si crede che il glutine sia dannoso solo per i celiaci o per le persone sensibili.
In realtà, esso ha la capacità di danneggiare le pareti intestinali indipendentemente dal fatto che la persona sia celiaca o meno.
Infatti, possono esserci diversi livelli di sensibilità a questa sostanza ma l’azione potenzialmente infiammatoria rimane per tutti.
Si tratta di alimenti che in passato non erano manipolati e trattati come oggi e, nel caso dei latticini, venivano consumati crudi (senza pastorizzazione) quindi completi delle sostanze nutritive loro proprie e del corredo enzimatico che ne facilitava la digestione.
Oggi, la maggior parte dei prodotti caseari che si consumano, sono purtroppo pastorizzati.
Questo li rende indigesti e poveri di sostanze nutritive.
Inoltre, vengono spesso trattati, degrassati e addizionati di sostanze di vario genere come zuccheri, coloranti, additivi, conservanti ecc.
Anche i cereali hanno la loro parte di colpa, poiché provengono da piante che vengono pesantemente manipolate dal punto di vista genetico.
In più, vengono consumati in prevalenza sotto forma di farine che perdono le sostanze nutritive del cereale d’origine e rimangono con solo amidi (quindi zuccheri) o poco più.
L’eccessivo consumo di zuccheri, tanto diffuso al giorno d’oggi, è una delle principali cause delle malattie intestinali che stanno diventando sempre più comuni.
Oltre ai danni all’intestino, tanti zuccheri portano a pesanti fluttuazioni continue dei livelli di insulina nel sangue (un processo che ha un ruolo chiave nello sviluppo dell’infiammazione nel corpo).
Nel tempo, questo può sfociare nell’insulino resistenza che è l’anticamera del diabete.
Questo senza contare i problemi di aumento di peso e gli effetti sul cervello come sbalzi umorali, ansia, euforia e depressione.
I cibi da fast food e confezionati sono anch’essi imbottiti di zuccheri, sale e grassi di cattiva qualità.
In particolare sono ricchi di oli vegetali raffinati (tipo mais, semi vari, girasole ecc.) che, nel processo di estrazione, subiscono dei trattamenti tali da alterarne la struttura molecolare.
Sono anche oli molto ricchi di Omega 6 (acidi grassi con effetto infiammatorio) che non viene bilanciato dal consumo di Omega 3.
In ultimo, possono essere contaminati dalle sostanze che vengono utilizzate nel processo di estrazione e lavorazione.
La dieta migliore da seguire in caso di tiroidite di Hashimoto (e di ipotiroidismo, di cui la tiroidite è spesso causa) è una dieta sfiammante e curativa per l’intestino.
Vale a dire una dieta ricca di vegetali freschi e il più possibile integri (in particolare verdura, ortaggi e un poco di frutta), grassi sani e proteine di buona qualità come carne, pesce e uova.
Tutti alimenti che il nostro organismo è progettato per digerire e per sfruttarne al massimo le proprietà nutritive.
Introduci:
Nella tua dieta contro la tiroidite di Hashimoto non dovrebbero mancare anche:
Inserire nella tua alimentazione i giusti supplementi ed integratori è un ottimo modo per aiutare il tuo organismo a:
Tra questi integratori abbiamo il selenio, i probiotici, la vitamina D, l’Ashwagandha e altre erbe adattogene.
La tiroide è l’organo con il più alto contenuto di selenio nel corpo.
Il selenio è necessario per la produzione dell’ormone T3 della tiroide (triiodotironina) e può ridurre le reazioni autoimmuni dell’organismo.
In pazienti affetti da tiroidite di Hashimoto e nelle donne in gravidanza che manifestano disturbi della tiroide, la supplementazione di selenio diminuisce la produzione degli anticorpi anti-tiroidei e migliora la struttura della ghiandola tiroidea.
Dato che aiuta a bilanciare i livelli ormonali, il selenio diminuisce il rischio di sviluppare disturbi della tiroide sia durante la gravidanza che successivamente (tiroidite post-partum).
Altri studi hanno dimostrato che, quando la mancanza di selenio viene risolta con la supplementazione, i pazienti arrivano a sperimentare una media del 40% di riduzione di anticorpi tiroidei contro un aumento degli stessi del 10% che si manifesta in caso di somministrazione di un placebo.
Il selenio è anche un potente antiossidante ed è necessario all’organismo per produrre il glutatione, il più importante e potente tra gli antiossidanti presenti nel nostro corpo.
Alcuni sintomi e possibili complicazioni del deficit da selenio sono:
La prima cosa da fare per prevenire un deficit di selenio è certamente quella di inserire nella propria alimentazione cibi ricchi di questo elemento.
Eventualmente, assumere supplementi di altro genere solo in caso di deficit grave che non si riesce a risolvere con la sola dieta.
Tra i cibi più ricchi di selenio troviamo:
Constribuiscono a riparare e a mantenere in salute l’intestino, riducono l’infiammazione e aiutano nell’assorbimento dei nutrienti.
Una dieta che comprenda alimenti ricchi di probiotici porta anche altri benefici quali:
Diverse ricerche hanno mostrato che più del 90% dei pazienti affetti da disturbi alla tiroide sono carenti di vitamina D.
La vitamina D aiuta a regolarizzare il sistema immunitario e, sotto diversi aspetti, agisce come un ormone.
Il modo migliore per ricavare sufficiente vitamina D, è quello di esporsi ogni giorno al sole per almeno 20 minuti lasciando più pelle scoperta possibile.
La luce del sole, infatti, innesca una reazione per cui il colesterolo presente nella pelle converte la provitamina D nella forma stabile di vitamina D3.
Perché questo processo si compia, è necessario evitare di applicare creme con filtro solare che bloccano la sintesi cutanea della vitamina D, quindi esporsi nelle ore meno calde per brevi periodi alla volta.
È possibile proteggersi dalle scottature applicando sulla pelle olio di cocco che, al contrario delle creme solari comuni, non blocca la sintesi della vitamina D.
Oltre all’esposizione al sole (che non sempre è possibile), è importante integrare con l’alimentazione consumando regolarmente cibi che contengono Vitamina D come:
In caso di forte carenza, se l’alimentazione non è sufficiente, allora è possibile supplementare con un buon integratore.
L’Ashwagandha è una delle più potenti piante curative utilizzate nella medicina Ayurvedica da tempi molto antichi.
Viene spesso chiamata ginseng indiano per via delle sue proprietà ringiovanenti e rinvigorenti ma, dal punto di vista botanico, l’ashwagandha ed il ginseng non sono correlati.
In India ci si riferisce all’ashwagandha anche come alla “forza dello stallone” in quanto viene comunemente usata per rinforzare il sistema immunitario dopo una malattia.
Si tratta di una pianta adattogena che aiuta il corpo a reagire allo stress mantenendo in equilibrio i livelli ormonali.
Questa pianta si è dimostrata estremamente efficace nel migliorare la salute della tiroide sia in caso di ipotiroidismo che in caso di ipertiroidismo.
Scienziati e medici ancora non capiscono esattamente come funzionino le piante adattogene.
Quello che sappiamo è che queste piante hanno appunto la capacità di adattarsi alle condizioni in cui l’organismo si trova al momento in cui vengono assunte e di agire concordemente con esso per ristabilire l’equilibrio.
Nel caso di problemi alla tiroide, l’ashwagandha lavora con il nostro corpo per riportare in equilibrio i livelli ormonali sia che questi siano troppo alti o troppo bassi.
Le piante adattogene, in generale, aiutano ad abbassare i livelli di cortisolo e a bilanciare i livelli di T4 (tiroxina).
Studi clinici hanno infatti dimostrato che l’ashwagandha, somministrata per un periodo di 8 settimane, ha aiutato i pazienti ipotiroidei ad incrementare significativamente i livelli di tiroxina, riducendo così la gravità dei sintomi.
Ci sono anche altre piante adattogene che hanno effetti simili come:
Lo iodio è un elemento chiave per la salute ed il corretto funzionamento della ghiandola.
È talmente importante che i nomi stessi degli ormoni che la tiroide produce fanno diretto riferimento proprio allo iodio.
Il T4 (la forma inattiva) ha infatti 4 molecole di iodio mentre il T3 (la forma biologicamente attiva) ne ha tre.
Dato che il corpo non può produrre questo elemento da solo, lo deve ricavare dall’alimentazione o da un’eventuale supplementazione tramite integratori.
Purtroppo oggi la carenza di iodio è estremamente comune a causa di un’alimentazione basata su cibi poveri di nutrienti.
Ma anche per l’esposizione a sostanze che impediscono ai recettori appositi di legarsi allo iodio e di trasportarlo dove necessario.
Fanno parte di questa categoria il fluoro, il cloro e il bromo ai quali siamo costantemente esposti tramite il cibo, l’acqua, i farmaci e l’ambiente.
Questi elementi si legano, appunto, ai recettori dello iodio, sostituendolo e aggravando la sua carenza.
Il modo migliore è sempre quello di modificare l’alimentazione, eliminando o almeno riducendo i cibi industriali e il cibo spazzatura e introducendo alimenti freschi e il più possibile integri.
Supplementare tramite integratori è consigliabile, se non per brevi periodi di tempo, in casi eccezionali e meglio se fatto sotto controllo medico.
Questo per evitare il rischio di arrivare ad assumere iodio in quantità eccessiva, cosa che presenta potenziali rischi molto seri per la salute.
Le maggiori fonti di iodio sono:
Minori quantità di iodio si trovano anche nella frutta e nelle verdure.
Un’altra fonte di iodio “artificiale” è il sale iodato che fu introdotto alcuni anni fa proprio per far fronte alla dilagante carenza di iodio.
Si tratta di comune sale da cucina a cui vengono aggiunti i sali di iodio che non alterano né il colore né il sapore del sale.
Il problema con il sale iodato è che viene liberamente venduto senza alcun tipo di controllo.
Non è consigliabile usarlo regolarmente e per lunghi periodi di tempo se non si ha un’effettiva carenza di iodio che andrebbe verificata prima di iniziare a usarlo in cucina.
Il sale iodato andrebbe considerato un integratore a tutti gli effetti ed assunto se e quando è realmente necessario.
Ecco altre erbe che possono essere efficaci nel supportare la tiroide e nel scongiurare il rischio di tiroidite di Hashimoto:
Disintossicare e ripulire il corpo su base regolare è un altro passo fondamentale per riparare e mantenere in salute la tiroide e abbassare il livello di infiammazione nell’organismo.
Ecco alcune pratiche disintossicanti e purificanti che puoi introdurre nella tua vita.
Anche se non soffri di stitichezza e pensi di non averne bisogno, fare un ciclo di pulizia su base regolare dell’intestino mantiene in salute il tuo organismo.
Inoltre, contribuisce ad un funzionamento ottimale del sistema immunitario (che per circa il 70-80% è localizzato proprio nell’intestino).
Grazie all’uso di prodotti di ottima qualità come Detox (che trovi in vendita su Energy Foods) puoi fare un primo ciclo iniziale di 30 giorni di pulizia profonda.
In questo modo, elimini le vecchie feci rimaste all’interno attaccate alle pareti intestinali e le tossine che ad esse si accompagnano.
Una volta passata la fase più lunga di depurazione iniziale, puoi entrare in fase di mantenimento (ad esempio dedicando un weekend al mese alla depurazione intestinale).
A molti il digiuno può sembrare una pratica estrema anche perché, più o meno consciamente, associano questa parola al soffrire la fame e alla paura atavica di morire di fame.
In realtà, parliamo di un digiuno che non ha nulla a che vedere con il morire di fame e che viene fatto seguendo determinati criteri, meglio se dopo aver già migliorato la propria alimentazione e fatto un ciclo di pulizia profonda.
Il digiuno ha sull’organismo molti effetti benefici tra cui:
Esistono diversi modi di digiunare e sperimentarli è il modo migliore per capire quale di questi è il più adatto a te.
Il digiuno potrebbe non essere adatto ad alcune categorie di persone.
In questo nostro articolo dedicato al digiuno trovi altre informazioni utili sull’argomento.
Si tratta di una pratica molto antica e, nonostante sia un clistere, il suo scopo non è liberare l’intestino bensì depurare in profondità il fegato da tossine derivanti da cattiva digestione e da un’alimentazione squilibrata e da vecchi depositi di grassi originati dall’eccessivo consumo di zuccheri e alcol.
La caffeina contenuta nel caffè viene assorbita dalle pareti dell’intestino e, attraverso la vena porta, arriva al fegato dove apre i dotti biliari e lo stimola ad espellere tutte le tossine accumulate.
Per i clisteri di caffè si utilizza un caffè apposito (da non usare assolutamente il caffè per la bevanda).
Il clistere di caffè non è adatto a tutti ed è meglio effettuare questa pratica con la guida di una persona esperta e, se si assumono regolarmente farmaci, informarsi prima su eventuali possibili interazioni con questi
A queste pratiche di pulizia e disintossicazione interna, è bene associare anche l’abitudine di eliminare o almeno ridurre, nei limiti del possibile, le tossine ambientali alle quali sei constantemente esposto:
Sono ormai numerose le ricerche e gli studi che confermano la relazione tra alti livelli di stress e lo svilupparsi di vari disturbi e patologie inclusi disordini autoimmuni.
Si è scoperto, infatti, che fino all’80% delle persone che soffrono di disordini autoimmuni, mostrano alti livelli di stress subito prima di un picco dei sintomi.
Nel contempo, abbiamo anche la conferma che mettere in campo azioni mirate alla riduzione dello stress ha effetti terapeutici profondi ed estremamente positivi.
Lo stress, infatti, provoca un’alterazione nella produzione degli ormoni neuroendocrini a causa dell’aumento della produzione di citochine (molecole proinfiammatorie).
A persone diverse possono essere più congeniali attività diverse quando si tratta di ridurre i livelli di stress:
Queste sono tutte attività che hanno mostrato di essere molto efficaci nell’alleviare lo stress.
È molto importante anche praticare regolarmente attività fisica.
Non siamo progettati per passare tante ore al giorno immobili e seduti ad una scrivania.
Ormai sono davvero poche le categorie di persone che svolgono un’attività lavoratica che richieda un certo dispendio energetico.
Al contrario, per la maggior parte finiamo per trascorrere anche l’80% della nostra giornata seduti o sdraiati e questo ha ripercussioni sull’equilibrio psicofisico di tutto l’organismo.
Praticare regolarmente una qualche forma di esercizio fisico:
Attenzione però a non strafare: l’eccesso di esercizio fisico è dannoso quanto la sua mancanza.
Infatti, aumenta i livelli di stress ed esaurisce le riserve energetiche dell’organismo aumentando i livelli dell’infiammazione e costringendolo ad entrare in modalità di sopravvivenza.
In altre parole, proprio il contrario degli effetti che si vorrebbero ottenere.
La tiroidite di Hashimoto è una patologia seria che non deve essere sottovalutata e trascurata.
Fortunatamente, mettendo in atto i giusti accorgimenti, sia a tavola che nella tua vita quotidiana, puoi prenderti cura della tua tiroide in modo naturale, senza dover ricorrere ai farmaci.
Abbandona dunque tutti i cibi spazzatura, evita o riduci il consumo di zuccheri e carboidrati, smetti di fumare e pratica attività fisica.
Lavorare sulla tua alimentazione può fare davvero la differenza e uno stile alimentare come quello che consigliamo nel SAUTÓN Approach, può aiutarti a spegnere l’infiammazione generalizzata nell’organismo e riportarlo ad una situazione di calma ed equilibrio.
Scarica gratuitamente un menù giornaliero cliccando qui e lasciati ispirare dalle gustose ricette proposte, per vivere in forma e in salute, senza sforzo.
Fonti:
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o curare alcuna malattia e non si sostituisce al rapporto medico-paziente.
cristian 20 Novembre 2021
Buongiorno volevo semplicemente chiedere un’informazione,
Ho lavorato per alcuni anni per un’azienda utilizzando grasso industriale, composto da polimeri sintetici sapone d’alluminio, questo prodotto sebbene utilizzavo i guanti mi ha corroso le mani arrivando fino a vedere la carne.
Facendo una visita curata allergologica mi è stata diagnosticata malattia professionale.
Poco dopo mi è stato diagnosticato anche tiroide hashimoto.
La domanda è…
È possibile che sia stato il continuo inalare gas di tale sostanza nell’utilizzo lavorativo senza mascherina a provocare hashimoto?
Sono maschio 48 anni nessuno in famiglia ha mai avuto problemi alla tiroide
Ringrazio fin da ora
Saluti Cristian
Maria Pia Festini 22 Novembre 2021
Ciao Cristian,
non sappiamo dirti se è la causa principale, certo inalare sostanze tossiche avrà avuto il suo peso nel creare squilibrio nell’organismo. Cerca ora di nutrirti al meglio così come spiegato nella guida in modo da aiutare gli ormoni a ritrovare il loro naturale equilibrio. Un caro saluto
angela 16 Settembre 2020
Gradirei ricevere informazioni
Maria Pia Festini 17 Settembre 2020
Ciao Angela,
benvenuta sul blog. Trovi maggiori informazioni su quali siano le basi del nostro metodo su questa pagina. Se vuoi puoi scaricare gratuitamente un menù ed entrare nel programma che è in offerta sino al 23 settembre. Un caro saluto
https://www.sauton.it/metodo/